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Un leccese moderno, ma di Putignano

Un leccese moderno, ma di Putignano

(Pierfranco Moliterni )

A prima vista la nostra sembra una contraddizione bella e buona: ma come si fa ad essere salentini in quel di Lecce, e poi essere, contemporaneamente, di Putignano in quel di Bari? L’arcano è bello e spiegato nel gioco dei rimandi, poiché qui trattiamo, in beve, di un artista, di un docente, di un musicista, di un compositore dei nostri tempi che è nato appunto nel Salento, ha lì studiato, lì si è diplomato, per poi trasferirsi a Bari dove fa il docente di una disciplina ‘IN’ come è considerata la composizione (di musica ‘colta’) a cui, non a caso, sono ammessi non più di 10 allievi l’anno…. tanto per chiarire il livello di approccio didattico che si impone. Stiamo insomma scrivendo di Biagio Putignano nato a Carmiano (Lecce) nel 1960, uno dei nomi più rilevanti della musica colta contemporanea italiana degli ultimi decenni, salentino-doc. Egli si è diplomato in composizione, musica elettronica, organo e composizione organistica presso i Conservatori Santa Cecilia di Roma e Piccinni di Bari, perfezionandosi in seguito a Milano, Roma, Città di Castello, Firenze e Parigi. Ci piace ricordare che Putignano ha esordito, giovanissimo, come concertista d’organo (strumento che noi amiamo in modo particolare) ma  poi arricchendo il suo sapere musicale con maestri del calibro di Gentilucci, Sciarrino, Grisey, Muraill, Ligeti, Stockhausen. Dal 2007 ad oggi è stimato docente di ruolo di ‘composizione sperimentale’ presso il Conservatorio Statale ‘N. Piccinni’ di Bari.

Ma trattandosi di composizione, e cioè dell’arte-artigianato che impone, a chi d’essa si occupa, di scrivere musica, Biagio Putignano si è affermato in Italia e in Europa scrivendo musica ‘sperimentale’ del nostro tempo, e cioè senza mai guardare all’indietro alla ricerca (vana) di un nostalgico passato che certo ci appartiene, storicamente, ma che non ci parla più del nostro tempo presente; una musica contemporanea quindi che necessita di una full immersion nei suoni e nell’ambiente sonoro che ci circonda. Cognizione questa che sarebbe scontata se essa poi non andasse a scontrarsi con la pratica corrente dell’ascolto musicale dove, invece, il nostro rifugio nella musica e nel mondo dei suoni organizzati fa esclusivo riferimento, appunto, ad un ‘passato musicale’ che non c’è più e che mai tornerà più (vedi persino con la canzone anche d’autore); così credendo, e per semplificare fino all’assurdo, noi dovremmo continuare a ‘godere’ di quella musica che, mutatis mutandis, scrivevano Bach o Mozart o Domenico Modugno (!)  cioè aver esclusivo godimento intellettuale dagli stessi medesimi linguaggi che essi usarono per comporre universali capolavori come la Toccata e Fuga in re minore, ovvero l’opera Don Giovanni o Volare! Discorso complicato che abbiano qui semplificato ma  che ha trovato nei grandi compositori del ‘900 (Debussy-Stravinsky-Schoenberg) i corifei  della modernità; tal quanto Kandisnky o Paul Klee, Musil o Pirandello o Montale ebbero a fare nelle rispettive aree artistiche della pittura, del teatro e della poesia: non si poteva né si può ‘fare arte contemporanea’ esclusivamente guardando all’indietro, nella storia vissuta, nella nostalgica contemplazione.

Partendo da questa per lui (e per noi) elementare considerazione, Biagio Putignano si è messo a scrivere musica del suo/nostro tempo grazie ad una ricerca formale, instancabile, volta a sondare e approfondire ogni minimo aspetto fisico-psichico del suono, sino ad arrivare a esplorare i confini del suono e quindi della assenza stessa del suono, come aveva già preconizzato Anton von Webern (1883-1945). Alcune musiche di Putignano, certo non facili all’ascolto immediato, amano dunque le atmosfere rarefatte in cui il concetto di tempo viene messo in discussione insieme alla indagine sul timbro degli strumenti (flauto, chitarra, organo), con l’uso, molto innovativo, delle tecniche della articolazione dei suoni quasi confinante con le arti e il modo di ‘sentire’ tipiche dell’Oriente. Una ricerca e una padronanza di temi e tematiche compositive molto attuali che da un paio d’anni gli hanno assicurato la residenza artistica a Freising, in Germania, una piccola ma splendida e vivace cittadina vicina a Monaco di Baviera (Musikschule        di Frisinga). Particolare attenzione il compositore ha dedicato negli ultimi tempi al concetto di vuoto e di silenzio, luogo e istante cioè in cui lo spazio e il tempo perdono i loro confini, come egli fa ad esempio in  CARTOGRAFIE DEL TEMPO per viola e chitarra elettrica; INVISIBILE per coro e suoni di sintesi; MAGNIFICAT su testo di K. Wojtyla per coro e organo; nonché in brani solistici come FRAMMENTI DA PARMENIDE per clarinetto, oltre ovviamente a musiche elettroniche MARI DI VOCE, SE LE STELLE FOSSERO SOGNI in uno ad installazioni sonore per eventi d’arte HAIR MIER, SEGMENTI D’ARIA.

 

 

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