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La Faldacchea di Turi: dolce del buon augurio e ringraziamento

La Faldacchea di Turi: dolce del buon augurio e ringraziamento

 

Negl’anni 30-40 è la dolciaia Ninetta Dragone , particolare inedito, ad inserire nella faldacchea il Pan di Spagna bagnato con l’alkermes.

Stefano de Carolis

Il monastero delle clarisse di Turi con il suo chiostro e l’annessa chiesa di Santa Chiara, per oltre tre secoli di vita monastica, vissuta con la regola di Santa Chiara, e “Ora et Labora” di San Benedetto, ha concepito la preghiera ed il lavoro come una grazia del Signore.
Le regole della clausura erano rigide, e fra un canto ed un’orazione, le monache si assicuravano l’autonomia necessaria per la gestione di tutte le attività che ruotavano intorno al convento.

Documento datato 1887 (autorizzazione ingresso clausura di Turi) archivio diocesi di Conversano


Dedite all’arte della cucina e della pasticceria, trascorrevano molto del loro tempo fra i fornelli alimentati a legna e carbone, utilizzando vecchi caldari, teglie, mortai in pietra, stampi, casseruole e mestoli in legno e rame, utili per preparare le antiche e segrete ricette tramandate da secoli.
La cucina e la panetteria del monastero era un luogo percorso da un forte spirito di comunità e, nella struttura architettonica del convento, costituiva, insieme al refettorio e alla chiesa, un elemento portante, intorno al quale si sviluppavano tutti gli altri spazi e le attività conventuali.
Tra le tante ricette di dolci a base di mandorle e zucchero, una di queste era preparata con pasta di mandorle cotta con tuorli d’uova, e ripiena di marmellata di ciliegie o amarene sciroppate: la faldacchea “la faldacchèje” termine nel dialetto turese.
Un dolce della tradizione conventuale che con il trascorre del tempo è diventato a Turi l’icona della nostra tradizione gastronomica.
Dopo tanti anni di storia, con l’unità d’Italia il monastero delle clarisse di Turi, subirà le “leggi eversive” del 7 luglio 1866, che porteranno alla soppressione degli enti religiosi, espropriandone proprietà e beni. Nel 1892, il convento verrà acquisito dal comune di Turi, e verso la fine dell’800 tutte le monache claustrate furono costrette a lasciare definitivamemte il monastero.
Tra queste: la Madre Badessa Angelina Perfido, la corista Vincenza De Robertis, Clementina Aceto, Maria Cherubina e Vita Domenica Iacovazzi, Rosa e Clementina Tateo, Maria Vittoria Dell’Aera, Marianna D’Aprile, Maria Consiglia Lopinto, Rosalba Melosci, Rosa Lefemmine, Mariangela D’Addabbo, Anna Lucia Casavola ed una loro giovane collaboratrice di Turi, Anna Antonia Martinelli.


Turi 1887: Anna Antonia Martinelli, porta fuori dal convento il segreto della ricetta della faldacchea
La prima protagonista delle origini della faldacchea turese, è certamente Anna Antonia Martinelli, classe1870, soprannominata dai concittadini “la monecacèdde” (la piccola monaca), data la sua esile corporatura e per la frequentazione con le monache del convento.

Anna Antonia Martinelli (la monecadèdde) 1870-1947. La pioniera della faldacchea di Turi


Anna Antonia Martinelli, pur frequentando la clausura turese non prese mai i voti monastici. Il dato del suo ingresso nella clausura del convento di Turi, è confermato dalla lettura di un manoscritto ‘inedito’, custodito nell’archivio della Diocesi di Conversano, dove si attesta che, nel 1887, le competenti autorità ecclesiastiche autorizzarono la sedicenne Martinelli, ad entrare nel convento con il compito di assistere due suore clarisse con problemi di salute: la conversa Maria Vittoria Dell’Aera, di anni ottanta, e sua nipote, la corista suor Marianna D’Aprile.
Per i successivi anni, ovvero fino alla fine dell’800, Anna Antonia Martinelli non si allontanò mai da Turi, e quotidianamente frequentò il monastero di Turi.
In questo periodo della sua vita, la giovane Antonia apprende i segreti contenuti nelle antiche ricette, custodite gelosamente nelle mani delle claustrate. Tra queste suor Vincenza de Robertis, (1837-1910) una monaca di Turi che con passione più si dedicava alla cucina e alla preparazione dei dolci di mandorla.
Grazie alla lungimiranza della Martinelli, la storia della faldacchea traccerà un nuovo futuro, e da dolce preparato esclusivamente all’interno del monastero, con altre ricette, oltrepassa le mura della clausura, e pian piano si diffonde tra le giovani donne di Turi.
Nel 1892, la ventiduenne Anna Antonia Martinelli convola a nozze con il contadino Giovanni Zita, classe 1866, e nella propria abitazione, posta vicino la villa comunale di Turi, (oggi negozio Zita), attrezza un piccolo laboratorio casalingo. Nella propria abitazione continua a sperimentare tutto quello che negl’anni aveva appreso nel monastero: pane, pasta fresca, taralli, torroni ed in particolare mette a punto la produzione dei dolci tradizionali di mandorla, ivi compreso, la nostra straordinaria faldacchea.
Con il passare degl’anni, questo piccolo “laboratorio casalingo”, un luogo sempre pregno di profumi di spezie, diventa una sorta di scuola professionale per giovani ragazze turesi che ambiscono ad apprendere l’arte dolciaria.
La faldacchea, una autentica leccornìa per tutti i palati e per tutte le stagioni. Da oltre un secolo un dolce prettamente nuziale, donato a parenti e amici come una preziosa bomboniera, all’insegna del buon augurio e del ringraziamento.
Una preziosa testimonianza mi è stata fatta da Simeone Maggiolini classe 1931, il quale ricorda alcuni racconti fatti da sua madre , quando questi da ragazza collaborava a casa della Martinelli nelle faccende domestiche e nella preparazione del pane e dei dolci.
Crescenza ha la possibilità di guardare Antonia mentre è intenta ai fornelli, e osserva tutti i procedimenti e gli accorgimenti che la “monecacèdde” sperimenta. Simeone ricorda anche quando sua madre raccontava che Antonia pestava le mandorle in un grande mortaio in pietra, dopo averle lessate e sbucciate. Il prezioso frutto, fornito dal marito Giovanni, era prodotto rigorosamente nel territorio di Turi, una terra da sempre vocata alla coltivazione dei mandorli.

Le discepole della “Monenacèdde” e i segreti dell’arte dolciaria
Grazia Cipriani classe 1902, è una delle prime ragazze turesi che apprende gli insegnamenti dalla Martinelli. Cipriani, sorella maggiore del compianto sacerdote Don Giovanni, fin da ragazzina segue le lezioni di Antonia, e apprende i segreti per la preparazione dei dolci tradizionali e della faldacchea turese.

Grazia Cipriani classe 1902, dolciaia di Turi


Nel 1920 sposa Vincenzo Miccolis, e nella propria abitazione allestisce un piccolo laboratorio. Negl’anni 60, con suo marito gestiranno la “sala moderna” di Conversano, una delle prime sale ricevimento del sud est barese.
Angela Zita, classe 1911, detta Angelina, nonna materna della dolciaia Marisa Mastronardi (Bar Ragno). Angelina era la cugina della Martinelli, e da questa riceve la ricetta della faldacchea. Da abile dolciaia casalinga, personalizza la preparazione del dolce, aggiungendo uno strato sottile di cacao prima di avvolgere la pasta di mandorla nel gileppe o nella glassa di zucchero.
Antonia Adele Dragone, (1920-2019) detta Ninetta, con Grazia Cipriani, è tra le prime ragazze turesi a formarsi nel laboratorio di Anna Antonia Martinelli.

Antonia Adele Dragone, detta Ninetta 1920-2019, maestra dolciaia di Turi

Negl’anni ’30 frequenta casa della Martinelli con le sue due sorelle Amalia e Assunta. Ninetta può essere considerata la vera pioniera
della faldacchea turese.

Turi anni 50: Ninetta Dragone nel suo laboratorio di dolciaria, intenta a decorare la faldacchea.

Giovanissima prestò servizio presso la Marchesa Fiorenza Husted a Palazzo Venusio, collaborando in cucina e preparando dolci di vario tipo. Inoltre, è molto ricercata per allestire i banchetti nuziali. Spesso a bordo di un calesse, viene accompagnata nella masseria dove si svolgeranno i festeggiamenti del matrimonio, e qui prepara e confeziona le pietanze da offrire agli invitati: piccoli timballi di pasta al forno, calzoni, rustici di carne, fritture, panini assortiti, torte, dolci tradizionali e l’immancabile faldacchea turese, che, finemente decorava bianco su bianco con i cosiddetti “scherzetti”, quest’ultimo un termine di sua invenzione, ovvero una fine decorazione eseguita con la fantasia della dolciaia, ottenuta mescolando chiare d’uovo e zucchero a velo.

La faldacchea di Turi: decorazione con i cosidetti “scherzetti”

È la medesima Ninetta Dragone ad introdurre nel ripieno della faldacchea il pan di Spagna imbevuto al liquore Alkermes. Quest’ultimo elemento è l’ingrediente peculiare della faldacchea di Turi.

Ripieno Faldacchea


Dopo aver maturato sufficiente esperienza, Ninetta decide di avviare in proprio l’attività di dolciaria. Inizia prima in un piccolo locale di via Lezzi, nei pressi della sua abitazione, e successivamente acquista il Bar Savoia (nei pressi della Villa dei Caduti), dove in alcuni locali attigui trasloca il suo domicilio con annesso laboratorio.
Negli anni ’70 dopo aver venduto il bar, trasferisce il laboratorio presso la sua abitazione, ‘villa Dragone’, casa appartenuta al farmacista Vito D’Aprile e al compianto Oronzo Daddabbo.
Lucia Massaro, classe 1948: Lucia si forma con gli insegnamenti di Ninetta Dragone, con la quale giovanissima lavora a stretto contatto per 6-7 anni, per poi continuare il suo percorso di apprendistato presso “Sala Moderna”, di Conversano, gestita dalla Cipriani. Agli inizi degli anni ’70 Lucia ritorna a Turi e decide di mettersi in proprio. A tutt’oggi con la sua attività commerciale, continua ad esercitare l’arte dolciaria, distinguendosi per la tradizione e la maestria con cui confeziona la faldacchea e gli altri dolci tipici.
Margherita Costantini, classe 1932, detta Rita, figlia del caffettiere e gelatiere turese Trifone Costantini. Trifone ai suoi esordi produceva torrone di mandorle e lo andava a vendere sui treni. Inoltre negl’anni 40 a Bari in c.so Cavour, aveva una bancarella per la vendita di torrone, mandorle, nocciole e caramelle acquistate dal barese don Beniamino “u marinarìdd”.
Negl’anni 40 la giovane Rita, sicura di intraprendere l’arte di papà Trifone, si porta giornalmente a Bari presso il bar pasticceria “Novecento” di via Manzoni, con l’obiettivo di apprendere il mestiere di pasticcera. Dopo qualche anno di apprendistato, ritorna nella sua Turi e si dedica alla produzione casalinga di dolci tradizionali per cerimonie, soprattutto matrimoni, eccellendo nella preparazione della faldacchea e diventando, a sua volta, maestra dolciaia per molte giovani ragazze di Turi e dell’intera provincia di Bari.
Aurelia Lieggi , classe 1940, donna laboriosa e determinata, alla fine degli anni ’70, coltiva le sue aspirazioni di dolciaria recandosi a casa dei clienti per preparare e confezionare dolci di mandorle e la faldacchea. Nel 1980, certa di intraprendere l’attività di dolciaria, presso la propria abitazione di via Forno comunale, apre al pubblico un laboratorio artigianale. Oggi l’arte di dolciaia continua con l’attività commerciale “Aurelia” condotta sapientemente dalle sue figlie, Stella e Anna Maria Verna.
L’eredità della “monecacèdde” e delle sue tante allieve, è stata raccolta dalla nuova classe delle dolciaie turesi, tra cui vanno menzionate Marilena Catucci “Cristalli di Zucchero” Luciana Cistulli “Luciana I Dolci” e Angela Iacovazzi “Bar Iacovazzi”, che con dedizione e successo
tramandano i segreti dell’antica tradizione, custodendo l’antica ricetta della faldacchea di Turi, una autentica leccornìa, eccellenza della gastronomia pugliese.

Vincenza Carenza ( 1921/2010)  eccellente dolciaia di Turi attiva con la sua arte nel fare i dolci di mandorla e Faldacchea sino al 2000.

(foto di Pietro e Rosaria Carenza anni ’70)
Da sx Vincenza Carenza, Silvia Carenza, Maria Grazia Carenza ultima a dx Giulietta Palmisano


Per tramandare le nostre tradizioni alle future generazioni, valorizzare, e promuovere questo straordinario dolce, icona del nostra gastronomia, di recente con un gruppo di cittadini di buona volontà: produttori, commercianti, dolciaie, e semplici cultori della faldacchea di Turi, abbiamo dato vita ad una associazione culturale ETS “La Faldacchea di Turi” Storia, Tradizioni Territorio.
Un sodalizio necessario per meglio valorizzare e promuovere il nostro territorio e sopratutto i nostri straordinari prodotti agroalimentari. Una mission, un impegno sociale e culturale per tramandare la nostra identità e le tradizioni alle future generazioni
L’unione fa la forza! da soli non si va da nessuna parte.
ETIMOLOGIA
Faldacchea deriva presumibilmente dal termine spagnolo faldiquera o faltriquera che indica un accessorio indossato sotto il grembiule o la gonna; una specie di tasca in tessuto, in alcuni casi finemente ricamata. L’accessorio serviva per riporre piccoli oggetti per l’uso giornaliero o per riporvi particolari dolcetti, huevos de faldiquera, ancora oggi prodotti in molti monasteri spagnoli.
Questa etimologia, oltre che dall’assonanza linguistica, viene rafforzata anche dal fatto che la faldacchea si presenta come un “dolce a tasca”, poiché la pasta di mandorla è riempita con amarena e pan di spagna bagnato con l’alchermes (detto anche stomatico).

Faldiquera o faltriquera spagnola

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