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SAN TRIFONE FRA STORIA E TRADIZIONI

SAN TRIFONE FRA STORIA E TRADIZIONI

A CURA DEL Prof. Leopoldo Attolico.

Premetto che mi convince molto l’idea di utilizzare lo spazio della chiesa per affrontare argomenti culturali, lato sensu ed anche eventi che incrociano la storia della Chiesa con quelli della società’ più in generale.

Sono sempre stato convinto che molti Santi e Beati, per ciò che hanno rappresentato e rappresentano, per i valori etici, oltre che per quelli Cristiani, ovviamente, appartengano si al patrimonio religioso, ma anche a quello civile e morale .Ecco, San Trifone è uno di questi e la sua storia personale, sviluppatasi agli inizi del terzo secolo dopo Cristo, ci permette il collegamento al Cristianesimo delle origini, con le terribili persecuzioni che i primi martiri Cristiani furono costretti a subire, da parte dei Romani, per la professione di fede nel Dio in cui credevano. Da questo punto di vista San Trifone compendia, nel suo martirio, la sorte dei tanti Cristiani che pagarono con la vita la loro testimonianza di fede. Ma a mio avviso, le ragioni  della durissima e disumana persecuzione messa in atto dal potere imperiale, non possono essere spiegate soltanto alla luce di una diversa declinazione della divinità (politeistica per i pagani,  monoteistica per i Cristiani)  bensì ’vanno ricercate nel messaggio ecumenico che il Cristianesimo  diffondeva: la convinzione che tutti gli uomini siano figli dell’unico Dio ed in quanto tali con gli stessi diritti, colpiva al cuore l’impalcatura schiavistica dell’impero Romano e restituiva ai miseri  e derelitti la loro dignità di uomini, lasciando intravedere una condizione di uguaglianza che le classi dominanti dell’epoca avvertirono come un pericolo di sovversione dello stato a vantaggio delle classi subalterne. In questa luce va compresa la campagna di spietata repressione operata nei confronti di una religione e dei suoi seguaci  il cui  orizzonte si profilava come un nuovo ordine sociale all’insegna di un Dio buono e generoso ,pur nel suo rigore etico, distante anni luce da una inflazionata e degenerata congerie di dei, sempre più decaduti nell’immaginario collettivo ed ormai incapaci di incarnare quel carisma indispensabile per ottenere dagli uomini fede e volontà di credere e di  diffondere il messaggio religioso. A tal proposito la vicenda relativa a San Trifone è davvero esemplare: nell’iconografia attuale Egli viene rappresentato come un soldato della fede, in verità era un umile pastorello, ma  già in giovane età leggeva le Sacre scritture ed il suo netto rifiuto  di onorare gli dei pagani gli valse la decapitazione ma nel contempo ne fece anche il futuro campione della fede capace di esercitare quel carisma che spinse, anche a distanza di secoli,  popoli di luoghi diversi a venerarlo, in quanto il suo esempio di fede fino al martirio produsse un alone di grande ammirazione.

Ancora oggi la devozione che raccoglie San Trifone è un fenomeno che ha affascinato studiosi, antropologi ed etnologi e la festa patronale che lo onora può considerarsi uno specimen significativo di questa categoria: essa è innanzitutto una festa popolare, cioè una manifestazione di quella uguaglianza che ci fa tutti figli di Dio.

Le feste popolari esistevano anche nell’antica Roma ed in altri paesi, ma avevano una dimensione laico-edonistica ed anche quando si richiamavano ai culti religiosi pagani, tendevano al conseguimento di un piacere materiale, a volte anche osceno. Su questa tradizione il Cristianesimo opera una sorta di palingenesi o renovatio ab imis che incanala la partecipazione popolare verso una finalità eticamente rilevante ed edificante, individuando nella figura del santo patrono della città un riferimento verso il quale tendere, non solo nel giorno della festività, ma anche durante tutto l’anno.

Alcuni antropologi hanno teorizzato che il forte livello di identificazione nel Patrono possa giungere a forgiare la cittadinanza sulle caratteristiche del Santo.

La festa patronale, specie nei paesi del sud, non può e non deve essere considerata soltanto un evento folclorico, essa è sì un momento di gioia, non dionisiaco però, perché è rivelatrice di una volontà di rinnovamento spirituale, di concentrazione etica, che, alla fine, diventano, nella misura in cui determinano un miglioramento del singolo credente, un evento sociale rilevantissimo che investe tutta la città, compresi laici ed atei!

In questi giorni di festa mi sono soffermato ad indulgere sui volti delle persone, durante la festa e le varie processioni: erano lieti, sereni, come se nei giorni in cui si onora il Santo patrono, le preoccupazioni ed i dispiaceri che connotano l’esistenza di molti, purtroppo, fossero messi da parte a favore di una disposizione d’animo più attenta alla dimensione del divino. Quasi, mi si lasci passare l’espressione, un effetto terapeutico prodotto dal Santo, che, nei tempi difficili ed a volte drammatici in cui ci è dato di vivere, è un risultato di notevole valore etico. Insomma l’identità popolare trova nel santo Patrono un formidabile elemento di aggregazione sociale che può produrre quel sentimento di pietas, prezioso nell’orientare la nostra esistenza nel buio di quella fatica umana che è la vita! Consentitemi, infine, di indicare una mia personale linea di interrelazione che partendo dalla figura del santo, può estendersi ad altri uomini di Chiesa e non, ma la cui lezione può essere considerata essenziale, come sollecitazione per una vita moralmente rivolta al Bene : Sofocle con la sua Antigone che nel clou della tragedia afferma” Sono nata non per odiare ma per amare”, Dante Alighieri che nell’ultimo verso della Divina Commedia conclude l’opera con un verso meraviglioso “l’Amor che move il sole e le altre stelle”, Leopardi che nella generosa teorizzazione di una “social catena” tenuta insieme da “vero  amor” consiglia gli uomini rispetto e solidarietà reciproci per una società più giusta, ed infine Eugenio Montale che nella poesia “I limoni”, opponendosi ai poeti  alla ricerca di sensazioni sensuali estetizzanti e  dionisiache, scriveva” tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza ed è l’odore dei limoni” cioè la bellezza dell’umiltà come essenza  umana. Quando il pensiero Cristiano incontra ed interloquisce con il pensiero laico più consapevole ed eticamente fondato, la sintesi può portare ad un formidabile processo di crescita culturale e spirituale. Tutto questo può essere una festa patronale, un forte consolidamento delle radici di una comunità in un clima gioioso ed umanamente proteso a non lasciare che la globalizzazione spazzi via quei preziosi fenomeni di vita sociale e spirituale che sono la straordinaria riserva etica a cui attingere nei momenti di crisi di valori come quella che stiamo vivendo in questi anni.

 

Professore Leopoldo Attolico vive ad Adelfia, ha insegnato al Liceo classico P. Virgilio Marone di Gioia del Colle (Ba). 

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