Il mio amore per Giuliette Grèco È scomparsa nella sua casa francese
Pierfranco Bruni
Perché ho amato Giuliette Grèco?
“Je me souviens d’un coin de rue” (Giuliette Grèco).
“Je me souviens d’un coin de rue” (Giuliette Grèco).
Con i poeti e la poesia ha sempre avuto una stretta frequentazione. I suoi testi nascono all’interno di un linguaggio poetico che ha annoverato non solo Brassen e Aznavour ma anche il Prèvert delle foglie morte. Sartre aveva segnato il punto importante di una parola che ha condotto ad una conoscenza dell’esistenzialismo. Sagan e Duras, due scrittrici nel cuore di una Francia al nero. Giuliette Grèco era nata il 7 febbraio del 1927 nella geografia dell’Occitania francese con ritmi provenzali.
Fu l’affascinante “Belfagor” nella RAI degli anni sessanta in una serie televisiva a farci comprendere il suo affascinante mistero.
Attrice, cantante, ballerina. Chansioniers. Con Raymond Queneau visse una fase creativa di estremo interesse di ricerca in cui la pagina esistenzialista é stata fondamentale.
Lavorò al cinema con Renoir. Un esistenzialismo tutto calato negli atteggiamenti, nei comportamenti, nelle azioni. Con Brel inventò un genere non solo musicale ma fortemente letterario.
La letteratura fece della canzone una poetica dell’esistenza e abitò la lingua come un linguaggio dell’anima. Scosse un’epoca. Superò Verlaine Rimbaud e Mallarmè con l’invito al viaggio di Baudelaire, con l’amore prevertiano, con l’impegno semi-anarchico di Sartre ma rimase fedele al legame tra tempo e vita.
Con il tempo tutto se ne va, è una fedeltà scavata in un male di vivere che si trasformò in ironia. Una teatralità tra piccolo e grande schermo nello scenario della recita sino agli applausi mai mancati.
Diceva: “Il denaro purtroppo è la cosa per la quale si deve pagare di più nella vita”. Una metafora che ha dell’esistenzialimo il marchio di una vita vissuta sempre sullo sfondo di un limite tra giovinezza e oltre.
Il prevertiano “Les feuilles mortes se ramassent à la pelle…” resta al centro di quel buongiorno tristezza la cui vita era la corsa lenta che cercava di superare il tempo della morte. Giuliette Grèco resta una icona e un mito che è dentro le arti tra canzone cinema e letteratura.
In fondo tutti viviamo “Le temps d’une chanson”. É morta. È morta nella sua casa il 23 settembre del 2020. Ora il suo canto mi riporta a una giovinezza antica. Alle foglie morte di Prèvert in una giornata di stanca malinconia. Prèvert il mio primo poeta nel canto lieve di “cadono le foglie in un autunno” dove le foglie sono gialle e l’autunno cerca un’ombra di sole. Il mio amore per Giuliette Grèco erano i suoi occhi il suo sguardo il suo canto.
Fu l’affascinante “Belfagor” nella RAI degli anni sessanta in una serie televisiva a farci comprendere il suo affascinante mistero.
Attrice, cantante, ballerina. Chansioniers. Con Raymond Queneau visse una fase creativa di estremo interesse di ricerca in cui la pagina esistenzialista é stata fondamentale.
Lavorò al cinema con Renoir. Un esistenzialismo tutto calato negli atteggiamenti, nei comportamenti, nelle azioni. Con Brel inventò un genere non solo musicale ma fortemente letterario.
La letteratura fece della canzone una poetica dell’esistenza e abitò la lingua come un linguaggio dell’anima. Scosse un’epoca. Superò Verlaine Rimbaud e Mallarmè con l’invito al viaggio di Baudelaire, con l’amore prevertiano, con l’impegno semi-anarchico di Sartre ma rimase fedele al legame tra tempo e vita.
Con il tempo tutto se ne va, è una fedeltà scavata in un male di vivere che si trasformò in ironia. Una teatralità tra piccolo e grande schermo nello scenario della recita sino agli applausi mai mancati.
Diceva: “Il denaro purtroppo è la cosa per la quale si deve pagare di più nella vita”. Una metafora che ha dell’esistenzialimo il marchio di una vita vissuta sempre sullo sfondo di un limite tra giovinezza e oltre.
Il prevertiano “Les feuilles mortes se ramassent à la pelle…” resta al centro di quel buongiorno tristezza la cui vita era la corsa lenta che cercava di superare il tempo della morte. Giuliette Grèco resta una icona e un mito che è dentro le arti tra canzone cinema e letteratura.
In fondo tutti viviamo “Le temps d’une chanson”. É morta. È morta nella sua casa il 23 settembre del 2020. Ora il suo canto mi riporta a una giovinezza antica. Alle foglie morte di Prèvert in una giornata di stanca malinconia. Prèvert il mio primo poeta nel canto lieve di “cadono le foglie in un autunno” dove le foglie sono gialle e l’autunno cerca un’ombra di sole. Il mio amore per Giuliette Grèco erano i suoi occhi il suo sguardo il suo canto.
Redazione